Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge è finalizzata a estendere la vigente normativa in materia di tutela e sostegno della maternità, prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, anche alle atlete che praticano attività sportiva a livello dilettantistico.
      Attualmente solo alcune discipline sportive sono state qualificate come «professionistiche» dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI); esse sono: il calcio, il ciclismo (per le gare su strada e su pista approvate dalla Lega ciclismo), il motociclismo, il pugilato, il golf e la pallacanestro. Agli atleti che praticano tali

 

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sport, dunque, la legge 23 marzo 1981, n. 91, riconosce una tutela sanitaria, previdenziale e antinfortunistica.
      Non sono qualificati come professionisti, invece, gli sportivi della pallavolo, così come non lo sono gli oltre 400 atleti degli sport invernali aderenti alla Federazione italiana sport invernali.
      Le singole Federazioni sportive nazionali, inoltre, hanno individuato le varie categorie professionistiche, per cui si arriva al paradosso che all'interno della stessa disciplina sportiva siano qualificati come professionisti gli atleti che militano in squadre maschili e, invece, siano considerate dilettanti le atlete che militano in squadre femminili.
      Da queste considerazioni emerge come nel nostro Paese il numero degli atleti dilettanti sia di gran lunga superiore a quello dei professionisti e come, in particolare, sia considerevolmente alto il numero delle atlete «costrette» a praticare lo sport a livello dilettantistico anche se per l'impegno, la continuità, nonché l'esclusività con cui svolgono il loro impegno sportivo è difficile continuare a considerarle tali.
      Ferma restando, tuttavia, l'autonomia dell'ordinamento sportivo relativamente alla distinzione tra sport professionistico e sport dilettantistico, è innegabile che nel nostro ordinamento ci sia una carenza normativa che deve essere assolutamente colmata.
      È impensabile, infatti, che le atlete dilettanti non debbano veder riconosciuto, al pari di tutte le donne che lavorano, il loro diritto a diventare madri.
      La tutela delle lavoratrici madri e della maternità è per tutto il movimento sportivo, e per tutta la società, un doveroso allineamento ai princìpi dell'Unione europea di inclusione sociale e di pari opportunità, che non può non riguardare l'ambito della prestazione sportiva. Ma non solo. Nel momento in cui l'Unione europea, nel dichiarare il 2007 «Anno europeo delle pari opportunità per tutti», torna a ribadire la centralità del principio di non discriminazione e della regola secondo cui la parità tra gli uomini e le donne deve essere garantita in tutti i campi, i Paesi membri hanno il dovere di mettere in campo azioni positive per contrastare e per ridurre la criticità della situazione femminile.
      Tale criticità risulta legata principalmente all'accesso, ma soprattutto alla permanenza, nel mondo del lavoro da parte delle donne, un aspetto quest'ultimo fortemente influenzato dalle problematiche inerenti la conciliazione tra vita e lavoro.
      Ecco, dunque, che l'intervento normativo proposto assume una valenza che va anche al di là della soddisfazione delle legittime aspettative di una categoria di lavoratrici.
      L'estensione alle atlete dilettanti della normativa vigente in materia di tutela e di sostegno alla maternità, prevista dalla presente proposta di legge, costituisce un significativo contributo per la realizzazione di una rete normativa - che coinvolge i diversi livelli dell'amministrazione statale - in favore delle pari opportunità ma soprattutto per la creazione di una cultura delle pari opportunità.
      La presente proposta di legge prevede, pertanto, all'articolo 1 - dopo aver fissato i princìpi generali in base ai quali si muove l'azione dello Stato - che gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, istituiscono - d'intesa con il CONI e con le Federazioni sportive nazionali - una rete di supporto alle atlete che consenta loro di vivere la maternità come un elemento di forza e non come una penalizzazione.
      In quest'ottica, l'articolo 2, che introduce l'articolo 65-bis del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 151 del 2001, dispone che alle atlete che esercitano attività sportiva dilettantistica a livello agonistico in ambito nazionale o internazionale da almeno un anno sia corrisposta un'indennità giornaliera di maternità, come previsto per le lavoratrici autonome dal capo XI del medesimo testo unico. Rispetto alla menzionata disciplina di riferimento - tuttavia - è stato ampliato il periodo nel corso del quale le atlete percepiscono l'indennità di maternità e questo in virtù della particolarità della loro
 

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attività: è previsto, infatti, che alle atlete sia corrisposta tale indennità sin dall'inizio della gravidanza, onde non mettere a repentaglio la vita del bambino, fino ai quattro mesi successivi al parto al fine di consentire ad esse una piena ripresa prima di tornare in attività.
      L'articolo 3, infine, reca la copertura finanziaria, individuata per coprire gli oneri derivanti da quanto disposto dalla presente proposta di legge; tale copertura è posta a carico dello Stato in quanto l'intervento normativo proposto - oltre ad avere una valenza sociale, predisponendo misure a sostegno della natalità - rientra nelle azioni positive che, come già detto, consentono di allineare l'Italia a quanto richiesto dall'Unione europea in materia di conciliazione dei tempi di lavoro con quelli della famiglia.
 

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